Il martire dimenticato del comunismo rivoluzionario

 

Pietro Tresso

 

Pietro Tresso (1894 – 1943) incarna una delle figure più tragiche e complesse del movimento operaio italiano. Intellettuale acuto e militante instancabile, la sua vita fu una costante lotta non solo contro il fascismo, ma anche contro la deriva burocratica e stalinista che, a suo avviso, aveva corrotto la Rivoluzione d'Ottobre.

Dalle Origini alla Rottura con il PCI

Nato a Schio nel 1894, Tresso si formò politicamente nel Partito Socialista Italiano, distinguendosi per le sue posizioni intransigenti e rivoluzionarie. Fu tra i fondatori del Partito Comunista d'Italia (PCd'I) a Livorno nel 1921.

Tuttavia, fin dai primi anni di vita del partito e, soprattutto, dopo l'ascesa di Stalin in Unione Sovietica, Tresso si schierò con l'Opposizione di Sinistra Internazionale, guidata da Lev Trockij. Egli criticò aspramente la teoria del "socialismo in un solo Paese" e la progressiva sottomissione del Comintern agli interessi della burocrazia di Mosca. Questa posizione gli costò la definitiva rottura con la dirigenza del PCd'I, culminata con la sua espulsione nel 1930.

La Lotta per la Quarta Internazionale

Dopo l'espulsione, Tresso si dedicò alla creazione della Nuova Opposizione Italiana, il nucleo di quello che sarebbe diventato in Italia il movimento trotzkista.

Durante gli anni dell'esilio in Francia, egli fu uno dei principali animatori della fondazione della Quarta Internazionale nel 1938. In questo periodo, Tresso si confrontò con i grandi dilemmi del movimento rivoluzionario: la lotta contro il fascismo, l'atteggiamento verso la guerra imminente e la necessità di costruire un'alternativa marxista autentica e internazionalista.

Il Ritorno in Italia e la Morte

Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e la caduta del fascismo nel 1943, Tresso rientrò clandestinamente in Italia, determinato a riorganizzare il movimento comunista rivoluzionario nella penisola.

Venne però arrestato dalle autorità tedesche. La sua vita terminò tragicamente il 27 ottobre 1943 in circostanze controverse. Insieme ad altri tre esponenti del trotzkismo italiano, fu assassinato durante l'occupazione tedesca, non lontano dalla sua prigione. Sebbene ufficialmente la sua morte sia avvenuta per mano delle SS, per decenni la sua fine fu avvolta in un velo di mistero e polemiche, alimentando il sospetto che l'eliminazione dei trotzkisti fosse stata facilitata o addirittura orchestrata da esponenti del vecchio apparato comunista fedeli a Mosca, intenzionati a eliminare la concorrenza ideologica.

Pietro Tresso rimane una figura simbolo della coerenza rivoluzionaria e della difficile sorte di tutti coloro che rifiutarono di piegarsi sia al fascismo che allo stalinismo, cadendo vittima di una doppia repressione.