Israele: il potere della menzogna, la costruzione dell’oblio
Ogni crepa nella narrazione è già futuro.
Israele non è solo uno Stato. È una narrazione. Una narrazione edificata su rovine, su simboli, su omissioni. Una narrazione che ha trasformato la storia in propaganda, la memoria in strumento, la terra in possesso.
Simboli falsificati, verità sepolte
Nel cuore di Gerusalemme sorge la cosiddetta “Torre di David”. Ma David non c’entra. La struttura è una cittadella costruita nel II secolo a.C. per scopi militari, poi ricostruita da crociati, mamelucchi e ottomani. Il nome è una forzatura, un’appropriazione ideologica. Serve a legare il presente al mito, a dare legittimità a una presenza politica attraverso un’illusione storica.
Non è un caso isolato. Molti siti archeologici vengono reinterpretati, rinominati, piegati a una narrazione che esclude, che cancella, che riscrive. La storia diventa strumento. La pietra diventa propaganda.
La costruzione dell’identità attraverso l’esclusione
- Villaggi palestinesi rasi al suolo e sostituiti da parchi o insediamenti.
- Mappe che cancellano la presenza araba.
- Musei che raccontano una sola versione della storia.
- Leggi che definiscono chi ha diritto alla terra e chi no.
La menzogna non è solo storica. È quotidiana. È urbanistica. È linguistica. È istituzionale.
Il mito della fondazione
La fondazione di Israele è circondata da miti. Miti di ritorno, di redenzione, di terra promessa. Ma dietro quei miti ci sono espulsioni, massacri, espropri. La narrazione ufficiale parla di “terra senza popolo per un popolo senza terra”. Ma la terra aveva un popolo. Un popolo che è stato cacciato, criminalizzato, cancellato.
La storiografia critica ha smontato molti di questi miti. Ma il potere continua a usarli. Per giustificare l’occupazione. Per legittimare la violenza. Per costruire consenso.
La resistenza come dovere
- Ogni parola che ristabilisce la verità contro la manipolazione è resistenza.
- Ogni gesto che restituisce dignità a ciò che è stato negato è resistenza.
- Ogni scelta che smaschera l’inganno strutturale è resistenza.
- Ogni atto che rompe il silenzio imposto è resistenza.
- Ogni memoria che si oppone all’oblio programmato è resistenza.
- Ogni voce che si alza contro la costruzione dell’ingiustizia è resistenza.
La resistenza non è nostalgia. È vigilanza. È costruzione. È responsabilità verso chi è stato escluso, verso chi è stato deformato, verso chi è stato ridotto a mito o nemico.
Israele non è solo un luogo. È una struttura. Una struttura che si fonda sull’esclusione, sulla paura, sulla manipolazione. Ma ogni crepa nella narrazione è già futuro. Ogni voce che rifiuta il mito è già libertà.
0 Commenti