Fascismo di ieri, sionismo di oggi:
Potere, identità e negazione

Fascismo e Sionismo

Il fascismo non è solo un capitolo chiuso della storia europea. È una forma mentis, una struttura di dominio che si ripresenta sotto nuove vesti, nuovi linguaggi, nuovi confini. Ieri fu il culto della nazione, l’uomo forte, la repressione del dissenso, la cancellazione dell’altro. Oggi, in altri contesti, si manifesta come apartheid mascherato da sicurezza, come colonialismo travestito da autodifesa, come esclusione giustificata da trauma.

Il sionismo, nato come movimento di liberazione per il popolo ebraico perseguitato, ha attraversato fasi diverse. In molti suoi interpreti, ha cercato giustizia, dignità, casa. Ma nel suo volto statale e militare, quello che oggi governa la Palestina occupata, si è trasformato in un sistema di controllo, separazione, espulsione. Non è l’identità ebraica a essere in discussione, ma l’uso politico e violento che ne viene fatto per giustificare l’oppressione di un altro popolo.

Come il fascismo, anche il sionismo di Stato costruisce muri: fisici, ideologici, morali. Come il fascismo, crea un nemico interno ed esterno, da neutralizzare, da silenziare. Come il fascismo, pretende fedeltà assoluta, e accusa di tradimento chi osa dissentire.

Ma c’è una differenza cruciale: il fascismo fu sconfitto da una resistenza armata e morale. Il sionismo contemporaneo, invece, gode di alleanze potenti, di silenzi compiacenti, di una narrazione dominante che lo protegge. Eppure, anche qui, esiste una resistenza: quella dei palestinesi, quella degli ebrei antisionisti, quella di chi crede che la giustizia non abbia confini né bandiere.

La memoria antifascista ci insegna che non basta denunciare: bisogna costruire alternative. Bisogna immaginare convivenza, uguaglianza, restituzione. Bisogna smascherare ogni ideologia che usa il dolore per perpetuare dominio.

Oggi, come ieri, la domanda resta la stessa:
Da che parte stiamo? Con chi è escluso, esiliato, bombardato? Con chi lotta per vivere, non per dominare?

“La memoria non è neutra. È scelta, è lotta, è dignità.”