Politica: ieri parola, oggi algoritmo
La politica di ieri aveva radici. Quella di oggi ha reti.
La politica è cambiata. Non solo nei volti, nei partiti, nei programmi. È cambiata nella sostanza. Nel modo in cui si parla, si decide, si partecipa. Nel modo in cui si promette, si tradisce, si dimentica.
Ieri: la politica come progetto
La politica di ieri — quella che ha attraversato il Novecento — era fatta di visioni. Di ideologie, di piazze, di assemblee. Era conflitto, ma anche costruzione. Era lentezza, ma anche profondità.
I partiti erano comunità. Le sezioni erano luoghi di formazione. La militanza era una scuola di pensiero, di parola, di azione.
Si discuteva di giustizia sociale, di lavoro, di diritti. Si scrivevano manifesti, si distribuivano volantini, si organizzavano scioperi. La politica era corpo, voce, presenza.
C’erano leader, certo. Ma c’erano anche idee. C’erano differenze, ma anche radici. C’era il rischio, ma anche il sogno.
Oggi: la politica come algoritmo
Negli ultimi vent’anni, la politica è diventata altro. È diventata comunicazione. È diventata marketing. È diventata algoritmo.
I partiti si sono svuotati. Le piazze si sono digitalizzate. Le parole si sono accorciate.
Oggi la politica si consuma sui social. Si misura in like, in trend, in hashtag. Si costruisce attorno alla visibilità, non alla visione.
I leader sono influencer. I programmi sono slogan. Le campagne sono spot.
La partecipazione è diventata reazione. La militanza è diventata commento. Il dissenso è diventato meme.
Cosa ha cambiato la politica
- La crisi della rappresentanza: molti non si sentono più rappresentati. I partiti sembrano distanti, autoreferenziali, incapaci di ascoltare.
- La globalizzazione: ha spostato il potere economico fuori dai confini nazionali, rendendo la politica spesso impotente o subordinata.
- La digitalizzazione: ha accelerato tutto. Ha reso la comunicazione immediata, ma anche superficiale. Ha moltiplicato le voci, ma ha disperso il senso.
- La paura: terrorismo, pandemia, crisi climatica, instabilità economica. La politica ha smesso di promettere futuro e ha iniziato a gestire emergenze.
- La personalizzazione: i leader sono diventati marchi. Le idee sono diventate accessori. Il consenso si costruisce attorno alla figura, non al contenuto.
Cosa resta, cosa resiste
Eppure, qualcosa resiste. Resiste il bisogno di giustizia. Resiste il desiderio di partecipazione. Resiste la voglia di dire: “Io ci sono.”
Ci sono movimenti che nascono dal basso. Ci sono giovani che si organizzano. Ci sono comunità che difendono i beni comuni.
La politica non è morta. È dispersa. È confusa. Ma può essere ritrovata.
Politica come atto di dignità
La politica non è solo potere. È cura. È parola. È scelta.
Ogni volta che qualcuno si oppone a un’ingiustizia, ogni volta che una comunità si organizza, ogni volta che una voce rompe il silenzio, quella è politica.
Non quella dei talk show. Non quella dei tweet. Ma quella che nasce dal basso, che si sporca le mani, che costruisce futuro.
La politica di ieri aveva radici. Quella di oggi ha reti. Ma le radici possono ancora crescere. E le reti possono ancora intrecciarsi in comunità.
Perché la politica non è solo ciò che vediamo. È ciò che scegliamo di fare. È ciò che scegliamo di essere.
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