Eco dei Compagni

Enrico Berlinguer: la coscienza inquieta della sinistra italiana

 

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 Enrico Berlinguer nacque il 25 maggio 1922 a Sassari, in una famiglia borghese e colta, legata alla tradizione repubblicana e antifascista. Fin da giovane mostrò una forte sensibilità politica e morale. Dopo il liceo classico, si iscrisse a Giurisprudenza, ma abbandonò gli studi per dedicarsi completamente alla militanza. Nel 1943, in piena guerra, aderì al Partito Comunista Italiano (PCI) e partecipò alle lotte antifasciste in Sardegna. Fu arrestato nel 1944 per aver partecipato ai “moti per il pane”, ma venne rilasciato dopo pochi mesi.

La sua carriera politica fu rapida e intensa: nel 1949 divenne segretario della Federazione Giovanile Comunista Italiana (FGCI), e nel 1962 entrò nella segreteria del PCI, assumendo la responsabilità della politica estera. In quegli anni, Berlinguer maturò una visione autonoma e critica del comunismo, prendendo le distanze dal modello sovietico e avvicinandosi a un socialismo democratico e pluralista.

Nel 1972 fu eletto segretario generale del PCI, ruolo che mantenne fino alla sua morte nel 1984. Fu il protagonista di una stagione politica intensa, segnata da tensioni internazionali, terrorismo interno, crisi economica e trasformazioni sociali. In questo contesto, Berlinguer lanciò la strategia del “compromesso storico”, un’alleanza tra comunisti, socialisti e cattolici per garantire stabilità e riforme. Dopo il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, il progetto naufragò, ma Berlinguer continuò a cercare una via italiana al socialismo.

Negli anni ’80, denunciò con forza la “questione morale”, cioè la degenerazione etica della politica e la corruzione dei partiti. Il suo discorso del 1981 alla Festa dell’Unità di Genova è rimasto celebre:

    “La questione morale esiste da tempo, ma è diventata la questione politica centrale.”

Berlinguer incarnava una politica sobria, etica, popolare. Rifiutava i privilegi, viaggiava in treno, parlava con la gente, e difendeva i lavoratori, le donne, i giovani. Era amato anche da chi non votava PCI, perché rappresentava una sinistra pulita, coerente, idealista.

Morì l’11 giugno 1984, colpito da un ictus durante un comizio a Padova. Il suo funerale fu una delle più grandi manifestazioni popolari della storia repubblicana. Centinaia di migliaia di persone lo salutarono con le lacrime agli occhi e il pugno alzato.
 L’eredità

Enrico Berlinguer è oggi ricordato come uno dei più grandi leader morali e politici dell’Italia repubblicana. Il suo pensiero ha influenzato la sinistra italiana, il dibattito democratico, la cultura dell’impegno civile. La sua figura è diventata simbolo di integrità, passione e speranza.

Scrisse:

    “La democrazia è il valore supremo, perché è il terreno su cui si gioca la libertà e la giustizia.”

E ancora oggi, il suo nome è pronunciato con rispetto da chi sogna una politica più giusta, più umana, più vera.

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