La Destra Contro la Tassa sulla Ricchezza.

 

Patrimoniale

Il dibattito sulla patrimoniale in Italia è come una marea: si ritira e ritorna con forza nei momenti di crisi, quando le disuguaglianze diventano troppo evidenti per essere ignorate. Tecnicamente, si tratta di un’imposta sullo stock di ricchezza – immobili, attività finanziarie, denaro, beni – che mira a riequilibrare un sistema economico sempre più polarizzato. Ma la domanda cruciale è: si tratta solo di una misura emergenziale per “fare cassa” o può diventare la chiave di volta per un capitalismo più equo e sostenibile?

Il Capitalismo e la Spirale della Disuguaglianza



Il capitalismo ha generato crescita, innovazione e benessere. Ma ha anche prodotto una concentrazione patologica della ricchezza. Thomas Piketty, nel suo Il Capitale nel XXI secolo, ha dimostrato che il rendimento del capitale tende a superare il tasso di crescita dell’economia (r > g), creando una dinamica in cui chi possiede già molto accumula ancora di più, mentre chi vive di lavoro resta indietro.

In Italia, l’1% più ricco detiene una quota sproporzionata della ricchezza nazionale. In questo contesto, la patrimoniale non è un capriccio ideologico, ma una risposta razionale a un problema strutturale. Può:

    Redistribuire risorse per finanziare sanità, istruzione e transizione ecologica.

    Alleggerire il debito pubblico senza colpire il lavoro o i consumi.

    Ristabilire un principio di equità fiscale oggi smarrito.

La Destra e il Tabù della Redistribuzione



Il vero ostacolo alla patrimoniale non è tecnico, ma ideologico. Le forze politiche di destra si oppongono con veemenza, elevando la proprietà privata a dogma intoccabile. La patrimoniale viene bollata come:

    Un attacco al risparmio e alla classe media, anche quando è chiaramente rivolta ai grandi patrimoni.

    Una tassa “confiscatoria”, che punirebbe il successo economico e scoraggerebbe gli investimenti.

    Un rischio di fuga di capitali, nonostante esistano strumenti per contrastare l’elusione.

Questa retorica, però, maschera una verità scomoda: la destra italiana difende un modello economico che premia l’eredità più del merito, il privilegio più del lavoro. La sua visione è regressiva, fondata su una mitologia liberale che ignora le distorsioni reali del mercato. In nome della “libertà economica”, si perpetua un sistema che concentra ricchezza e potere in poche mani, minando la coesione sociale e la democrazia stessa.
Patrimoniale: Quale Forma?

In Italia esistono già forme di patrimoniale “strisciante” – IMU, imposta di bollo – ma il dibattito riguarda l’introduzione di una patrimoniale generale e progressiva sulla ricchezza netta elevata. Perché funzioni, servono:

    Un’anagrafe patrimoniale trasparente e aggiornata.

    Aliquote calibrate per evitare effetti distorsivi.

    Un patto sociale condiviso che ne legittimi l’applicazione.

I Paesi nordici, spesso citati come modelli, hanno abolito la patrimoniale diretta ma mantengono una forte tassazione successoria e una mappatura dettagliata della ricchezza.
Ripensare il Patto Sociale

La patrimoniale non è solo una questione fiscale: è una scelta di civiltà. Significa chiedersi se il capitalismo possa continuare a prosperare solo attraverso l’accumulo senza freni di pochi – come sostiene la destra – o se debba trovare nuove forme di equilibrio per garantire stabilità, crescita inclusiva e sostenibilità ambientale.

Applicata con intelligenza, la patrimoniale non è l’antitesi del capitalismo, ma la sua salvezza. È l’iniezione di equità necessaria per restituire legittimità a un sistema che rischia di implodere sotto il peso delle sue disuguaglianze. E forse, è proprio questo che la destra teme: un capitalismo che non serva più solo i suoi interessi.

Bandiera Nera