Le guerre non scoppiano. Le guerre si costruiscono
Ogni gesto di pace è una crepa nel dominio.
Le guerre non sono fulmini nel cielo sereno. Non sono esplosioni improvvise. Non sono incidenti della storia. Le guerre si preparano. Si seminano. Si giustificano.
Ogni guerra ha una radice. Ogni guerra ha un interesse. Ogni guerra ha un linguaggio che la precede, una propaganda che la accompagna, una ricostruzione che la monetizza.
Guerre ovunque, ma non per caso
- Guerre territoriali, per il controllo di confini e risorse.
- Guerre economiche, per il dominio sui mercati e sulle rotte.
- Guerre ideologiche, per imporre modelli, visioni, poteri.
- Guerre interne, mascherate da sicurezza, ordine, sviluppo.
Dietro ogni guerra ci sono interessi. Dietro ogni guerra c’è chi guadagna. Dietro ogni guerra c’è chi decide che la pace non conviene.
Cosa c’è dietro ogni guerra
- La competizione per le risorse: acqua, petrolio, terre rare, cibo.
- La disuguaglianza sociale: povertà, esclusione, rabbia.
- La manipolazione mediatica: nemici costruiti, verità distorte, emozioni pilotate.
- La logica del profitto: industrie belliche, ricostruzioni, speculazioni.
La guerra non è solo violenza. È anche economia. È anche linguaggio. È anche strategia.
Il capitalismo c’entra
Il capitalismo non è solo un sistema economico. È una visione del mondo. Una visione che trasforma tutto in merce. Anche la vita. Anche la morte.
Ha bisogno di crescita. E quando la crescita si ferma, cerca nuovi spazi. Nuovi mercati. Nuove crisi. Nuove guerre.
La guerra diventa strumento: per distruggere e ricostruire, per controllare e disciplinare, per rilanciare l’economia, per giustificare il riarmo, per consolidare il potere.
Dietro ogni guerra c’è una fabbrica. Dietro ogni guerra c’è una banca. Dietro ogni guerra c’è un algoritmo.
Chi paga il prezzo
Non lo pagano i generali. Non lo pagano i ministri. Non lo pagano i mercati.
Lo pagano i civili. Lo pagano i bambini. Lo pagano i poveri. Lo pagano i migranti. Lo pagano i territori.
Ogni guerra è una ferita che si apre nei corpi più fragili. Ogni bomba è una condanna per chi non ha voce. Ogni esercito è una macchina che schiaccia chi non ha scelta.
La guerra come linguaggio
- Si parla di “nemici interni”.
- Si militarizzano le frontiere.
- Si normalizza la sorveglianza.
- Si giustifica la repressione.
La guerra diventa modo di pensare. Modo di governare. Modo di vivere.
E quando la guerra diventa normale, la pace diventa sovversiva.
La pace come resistenza
- È disarmo.
- È giustizia sociale.
- È redistribuzione.
- È memoria.
- È cura.
La pace è scegliere di non obbedire alla logica del dominio. È scegliere di non credere alla retorica del nemico. È scegliere di non partecipare alla macchina della distruzione.
Le guerre non scoppiano. Le guerre si costruiscono. E se si costruiscono, si possono anche smontare. Con la parola. Con la scelta. Con la solidarietà.
Perché ogni gesto di pace è una crepa nel dominio. Ogni voce che rifiuta la guerra è già resistenza. Ogni comunità che si oppone è già futuro.
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