La parola che resiste: storia di un giornale partigiano
“Il Ribelle” fu più di un giornale clandestino: fu la voce spirituale e combattente di Teresio Olivelli, un giovane partigiano cristiano che trasformò la sua fede in resistenza e la parola in atto di liberazione.
La Nascita del Manifesto Spirituale
Nel cuore della Resistenza cattolica, tra il 1944 e il 1945, nacque Il Ribelle, organo delle Brigate Fiamme Verdi. Stampato a Milano in condizioni estreme, con tirature che sfioravano le 15.000 copie, il giornale fu ideato da Teresio Olivelli insieme a Carlo Bianchi e Claudio Sartori. Non era solo un foglio d’informazione: era un manifesto spirituale, un grido contro la barbarie nazifascista, una chiamata alla dignità.
Il Ribelle si distingueva nettamente dagli altri giornali clandestini per il suo tono etico e culturale elevato. Mentre molte pubblicazioni si concentravano sulla strategia militare o sulla propaganda politica di partito, Il Ribelle poneva al centro il valore morale dell'uomo di fronte al totalitarismo. La sua diffusione fu cruciale per cementare l'unità e l'identità della componente cattolica nella Resistenza italiana.
La Ribellione come Atto d'Amore
Olivelli, nato nel 1916, inizialmente attratto dal fascismo, seppe riconoscerne l’inganno. Dopo aver vissuto l’orrore della guerra in Russia e la disillusione ideologica, si avvicinò alla Resistenza con una visione cristiana radicale: non violenta, ma ferma; non ideologica, ma profonda. La sua voce, attraverso Il Ribelle, parlava di libertà come atto interiore, di giustizia come vocazione, di ribellione come amore.
Il motto del giornale — “Non vi sono liberatori, vi sono solo uomini che si liberano” — sintetizza il pensiero di Olivelli: la liberazione non è delegabile, è responsabilità personale e collettiva. Nei suoi articoli, nei suoi versi, soprattutto nella celebre Preghiera del Ribelle — che fu scritta di getto in clandestinità a Brescia — emergeva una spiritualità incarnata, capace di opporsi al male senza perdere la luce.
Il Sacrificio e l'Eredità
Olivelli fu arrestato una prima volta nel 1944, rilasciato, e nuovamente catturato. Deportato nel campo di concentramento di Flossenbürg e poi nel sottocampo di Hersbruck, la sua resistenza continuò tra i reticolati. È in questi luoghi di orrore che la sua fede divenne servizio estremo.
Arrestato e deportato, Olivelli morì nel campo di Hersbruck il 17 gennaio 1945, per aver difeso un compagno di prigionia dalle percosse mortali di un kapò. Non lasciò tomba, ma lasciò voce. Il Ribelle fu il suo testamento: un giornale che non solo informava, ma formava coscienze, che non solo denunciava, ma annunciava speranza.
Oggi, Il Ribelle resta un simbolo di quella Resistenza che non si piegò né al cinismo né alla vendetta, ma che seppe unire fede, cultura e coraggio. La voce di Teresio Olivelli continua a parlare: non come eco del passato, ma come chiamata presente alla dignità, alla verità, alla ribellione che nasce dall’amore. Per il suo sacrificio eroico e la sua testimonianza cristiana, Teresio Olivelli è stato riconosciuto Beato dalla Chiesa Cattolica nel 2018.
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