Fulvia Serafini: La Voce della Cura Ribelle
Partigiana, infermiera, testimone. Dove il dolore non bastava, lei portava dignità.
“La Resistenza non è finita. È ogni volta che scegliamo la dignità.”
Nel cuore della Resistenza, tra ferite e silenzi, Fulvia Serafini non impugnava armi. Impugnava garze, parole, coraggio. Fu infermiera partigiana, staffetta, militante. Curava i corpi, ma anche le coscienze. La sua lotta non era solo contro il fascismo. Era contro l’oblio, contro la paura, contro l’indifferenza.
L’inizio della lotta
Fulvia nasce in una famiglia semplice, dove la giustizia non è teoria ma pane quotidiano. Cresce tra libri e lavoro, tra sogni e realtà. Quando l’Italia viene occupata, lei non resta a guardare. Si unisce alla Resistenza. Non per vendetta. Per cura.
La scelta della cura
Fulvia diventa infermiera partigiana. Si muove tra rifugi, ospedali improvvisati, grotte nascoste. Cura ferite da arma, da gelo, da fame. Ma cura anche il trauma, il silenzio, la paura. I partigiani la chiamano “Fulvia la forte”. Non perché non avesse paura. Ma perché non la lasciava vincere.
La voce dopo la guerra
Dopo la Liberazione, Fulvia non si ritira. Continua a lottare. Parla nelle scuole, scrive articoli, difende la memoria delle donne resistenti. Dice: “La Resistenza non è finita. È ogni volta che scegliamo la dignità.”
Fulvia diventa testimone. Non per gloria. Per necessità. Perché la storia delle donne partigiane è troppo spesso dimenticata. E lei non lo permette.
Una vita oltre il fronte
Fulvia Serafini vive una vita lunga, intensa, coerente. Non cerca onori. Cerca verità. Ogni sua parola è cucita con memoria. Ogni suo gesto, con giustizia. Quando si spegne, lascia un vuoto. Ma anche un seme.
Il suo lascito
- Infermiera partigiana tra rifugi e ospedali improvvisati
- Curatrice di corpi e coscienze
- Testimone della Resistenza femminile
- Voce della memoria e della dignità
- Militante della cura e della parola
Perché ricordarla
- Perché ogni garza è già resistenza
- Perché ogni parola è una crepa nel silenzio
- Perché ogni donna ribelle è già rivoluzione
- Perché la cura è lotta, non debolezza
- Perché la libertà non si eredita: si conquista
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